L’articolo dell’avv. Lucia Montecamozzo, Partner e del dott. Luca Gasbarro, Associate di Fantozzi & Associati pubblicato su Il Sole 24 Ore del 29 agosto 2023
La disciplina dei cc.dd. “lavoratori impatriati” (art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015) prevede che i redditi di lavoro dipendente e assimilati e quelli di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che vi trasferiscono la residenza concorrono alla formazione della base imponibile limitatamente al 30% del loro ammontare se:
a) i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei 2 anni precedenti al trasferimento e si impegnano a risiedere in Italia per almeno 2 anni, e
b) l’attività lavorativa è prevalentemente prestata nel territorio italiano.
Tale agevolazione si applica, ex art. 8-bis del D.L. n. 148/2017, nel rispetto delle condizioni e dei limiti del Regolamento n. 1407/2013/UE, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti de minimis . Regolamento che dispone che l’importo degli aiuti concessi a titolo de minimis a una medesima impresa (intesa come qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento) non deve superare il limite di 200.000,00 euro nell’arco di tre anni.
Con l’interrogazione parlamentare n. 5/00094, presentata dall’On. Roberto Pella e assegnata alla VI Commissione (Finanze), sono state sollevate perplessità sull’applicabilità del regime degli aiuti di Stato agli impatriati imprenditori e lavoratori autonomi poiché:
• da un lato, l’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015 non istituisce una disciplina selettiva, così come qualificata dagli artt. 107 e 108 del TFUE ma, al contrario, si riferisce alla generalità dei contribuenti (al ricorrere, evidentemente, dei requisiti sopra indicati sub lett. a) e b)). E, infatti, la ratio del citato articolo è incentivare, in via generalizzata, senza alcun vincolo di selettività, l’ingresso o il rientro in Italia di persone fisiche, a prescindere dal contributo in termini di capacità e/o specializzazione apportato e dallo status di lavoratore dipendente o autonomo;
• dall’altro lato, una diversa interpretazione determinerebbe una discriminatoria disparità di trattamento tra lavoratori dipendenti (non soggetti alle disposizioni UE in tema di aiuti di Stato) e lavoratori autonomi.
Nella risposta del 25 luglio 2023, il Ministero dell’Economia e delle Finanze – muovendo dalla considerazione che “La misura agevolativa in esame […] trova applicazione non in maniera generale ma nei confronti di determinati soggetti al ricorrere di specifiche condizioni” – ha concluso che “non si può escludere che l’eventuale superamento dei limiti e delle condizioni delle disposizioni europee in materia di aiuti di Stato di importanza minore (c.d. “de minimis”) […] possa attirare l’attenzione dei competenti Servizi unionali sull’agevolazione di cui trattasi, la quale, in riferimento ai soggetti che svolgono attività economica, appare presentare profili di selettività e sembra, pertanto, suscettibile di integrare un aiuto incompatibile con le regole del diritto della concorrenza di matrice europea“.
Dalla risposta in commento si desume che il Ministero individua, correttamente, nella Commissione europea il soggetto deputato ad esprimersi sull’eventuale carattere selettivo dell’agevolazione in esame. Stupisce, invece, che escluda una portata generalizzata dell’agevolazione, ipotizzandone una possibile natura selettiva. Infatti, la Commissione europea si è già espressa sul punto nella risposta del 1° ottobre 2019 relativa all‘interrogazione n. E-002224/2019. In tale occasione, il Commissario Vestager, rilevata l’assenza di una notifica della misura da parte del Governo italiano, ha precisato che, sulla base delle informazioni disponibili, l’agevolazione si applica a tutti gli impatriati, a qualsiasi settore essi appartengano, concludendo che essa non presenta elementi rilevanti ai fini dell’applicazione della disciplina degli aiuti di Stato.
E non a caso anche regimi agevolativi analoghi a quello degli impatriati in commento, introdotti in altri Stati membri dell’UE (quali il regime “NHR – Non Habitual Resident” in Portogallo), non prevedono alcuna limitazione in merito al professional income, concetto equivalente a quello di reddito di lavoro autonomo previsto dal T.U.I.R..
Sarebbe auspicabile, dunque, che venisse abolito il richiamo alla disciplina degli aiuti di Stato contenuto all’art. 8-bis del D.L. n. 148/2017, allineando la disposizione interna sia alle conclusioni cui è già giunta la Commissione europea sia alla disciplina prevista in altri Paesi dell’Unione.