Edoardo Belli Contarini su Bollettino Tributario

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Riportiamo di seguito il contributo dell’avv. Edoardo Belli Contarini, socio dello Studio Fantozzi & Associati su Bollettino Tributario.

Le Criptovalute
Lacune normative ancora da colmare per l’IRPEF e l’IVA

1. L’evoluzione normativa e l’orientamento (anacronistico) della prassi amministrativa

L’Agenzia delle entrate continua ad assimilare le criptovalute alle “valute estere”, applicando, per un verso, l’IRPEF sui proventi realizzati dai privati con le cessioni a pronti e i prelievi dai wallet ex art. 67, comma 1-ter, del TUIR e, per altro verso, estendendo l’esenzione IVA ai corrispettivi per i servizi effettuati dagli operatori del settore ex art. 10, n. 3), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

Come noto, l’equiparazione tra le due monete, quella tradizionale a quella virtuale, scaturisce dalla ormai remota sentenza della Corte di Giustizia UE, con la quale si è accordata l’esenzione IVA agli scambi commerciali in valuta digitale e che troverebbe fondamento nella funzione liberatoria su base convenzionale di quest’ultima, assimilabile a quella solutoria ex lege della moneta emessa e garantita da uno Stato o da una Banca centrale.

In effetti, è proprio su tale argomentazione che si fonda la relazione dell’Avvocato Generale, poi recepita dal giudice comunitario; tale pronunzia è stata quindi ripresa in modo costante dall’Agenzia delle entrate, non soltanto al fine di declinare il regime di esenzione IVA, ma “a trecentosessanta gradi”, cioè con estensione persino ad altri comparti fiscali, come l’IRPEF, il monitoraggio fiscale, nonché il regime sostitutivo contemplato ex art. 24-bis del TUIR a beneficio dei neo-residenti facoltosi.

Ma ormai tale approccio risulta anacronistico, paradossale al cospetto dei molteplici provvedi- menti legislativi sopravvenuti, preordinati sì a finalità extra-tributarie, al fine cioè di arginare il riciclaggio ed altri fenomeni illegali, ma in base ai quali viene sempre esclusa la riconducibilità delle valute digitali nel novero delle monete aventi corso legale.

Invero, la similitudine fondata – soltanto – sulla funzione lato sensu solutoria della valuta digitale, che sarebbe analoga a quella propria della moneta fiat, appare oggi superata al cospetto della definizione legale, ribadita più volte, secondo cui la moneta virtuale, in quanto «rappresentazione digitale di valore», utilizzabile «come mezzo di scambio o per finalità di investimento», «non emessa né garantita da una banca centrale o da un’autorità pubblica”, “non possiede lo status giuridico di valuta o di denaro».

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