Gioco online con canone del 3% sul margine netto – Edoardo Belli Contarini su Norme e Tributi de IlSole24Ore

Gioco online con canone del 3% sul margine netto

Il decreto di riordino prevede al massimo cinque concessioni per nove anni Lo schema rimanda a un successivo intervento il resto della materia

di Edoardo Belli Contarini

Il dossier del Servizio studi del Senato 225 del 30 gennaio esamina in modo parzialmente critico il decreto del Governo di riforma dei giochi limitato per il momento al canale online in attuazione dell’articolo 15 della legge delega 111/2023; infatti, un successivo provvedimento completerà il riordino sia della raccolta del gioco attraverso la rete fisica, sia la fiscalità nel suo complesso, cioè ad esempio il Preu, l’imposta unica, l’Isi, la “tassa sulla fortuna”, l’Iva.

La prioritaria regolamentazione dei giochi su canale virtuale o digitale, metaverso incluso, è riconducibile alla continua diffusione della raccolta a distanza, complice anche l’evoluzione tecnologica, ma soprattutto all’esigenza di sbloccare le concessioni in regime di proroga. Del resto, l’intricata e asistemica normativa tributaria di entrambe le reti implica un intervento ponderato e di più ampio respiro (si confronti, per esempio, il Ddl 41/2022); sarebbe preferibile però, che la revisione dell’intera materia avvenisse di concerto e contestualmente per entrambi i canali di raccolta, per non replicare le incertezze interpretative del passato.

Il primo decreto sul gaming online ha un notevole impatto sul mercato di riferimento tracciando: i) i principi generali e le fonti; ii) le regole fondamentali del rapporto concessorio, con diversi rinvii al nuovo Codice dei contratti pubblici (Dlgs 36/2023); iii) le norme a tutela dei giocatori da coordinare con le contrapposte esigenze di gettito erariale.

Le modifiche al rapporto concessorio sono significative: si prevede una durata massima di nove anni, con esclusione di rinnovo, in funzione del periodo di ammortamento degli investimenti da effettuarsi dal concessionario; il sito internet autorizzato dall’amministrazione dei Monopoli e attivato da quest’ultimo va collegato alla singola concessione e a ciascun “gruppo societario” sono attribuibili al massimo cinque concessioni (articolo 6).

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La pronuncia della Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Trieste sulla deducibilità integrale dell’IMU

La Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Trieste, con sentenza n. 206, depositata il 9 novembre 2023, si è pronunciata su una oramai nota questione e ha accolto le richieste che lo Studio ha proposto in favore di una società propria cliente.

La società è stata difesa dagli avvocati Roberto Altieri, Roberto Tieghi e Giulia Neri dello studio Fantozzi & Associati.

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La deducibilità integrale dell’IMU per beni strumentali

Il caso riguarda la deducibilità integrale dell’IMU, versata in relazione ai beni strumentali negli anni in cui il legislatore ha previsto una deducibilità soltanto parziale dell’imposta, dal reddito imponibile Ires e Irap.

I giudici tributari triestini hanno accolto il ricorso proposto da una società per il rimborso dell’Ires e dell’Irap per l’anno 2016 e riconosciuto la piena deducibilità, dal reddito imponibile, dell’IMU connessa ai beni strumentali all’esercizio dell’attività di impresa.

La questione è nota agli addetti ai lavori e riguarda le conseguenze della sentenza della Corte Costituzionale 4 dicembre 2020, n. 262.

La incostituzionalità della deducibilità parziale dell’IMU

La Consulta si è occupata della deducibilità integrale dal reddito di impresa dell’IMU versata in relazione ai beni strumentali.

La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1 del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (nel testo anteriore alle modifiche apportate dall’art. 1, comma 715, della legge 27 dicembre 2013, n. 147), per contrasto coi principi:

  • di capacità contributiva
  • di ragionevolezza
  • di eguaglianza

nella parte in cui prevedeva l’indeducibilità integrale dal reddito di impresa, dell’imposta municipale propria (IMU), con riferimento all’anno di imposta 2012.

Tuttavia la Corte costituzionale ha ritenuto che non sussistano i presupposti per estendere la propria pronuncia di incostituzionalità anche alle disposizioni successive.

Queste pronunce, che hanno riconosciuto una deducibilità parziale dell’IMU pari, nel 2016, al 20% dell’IMU versata sono state dunque oggetto di attenzione da parte delle diverse Corti di merito.

La sentenza della Corte di Giustizia tributaria di I grado di Trieste

I giudici della Corte di Giustizia tributaria di I grado di Trieste, tuttavia, hanno accolto il ricorso proposto dalla società e si sono discostati dall’orientamento contrario ormai consolidato di diverse Corti di merito.

La Corte ha affermato che il diritto al rimborso spetta anche con riferimento alle annualità (in questo caso il 2016), in cui il legislatore aveva previsto una deducibilità parziale dal reddito di impresa.

I principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza citata (n. 262/2020), devono essere applicati anche per  le annualità per cui il legislatore ha riconosciuto una deducibilità parziale dell’IMU.

La deducibilità parziale dell’IMU dal reddito di impresa, infatti viola i principi di ragionevolezza, capacità e eguaglianza al pari della integrale indeducibilità.

Nel labirinto degli aiuti alle imprese la guida del regolamento Ue – Edoardo Belli Contarini su Il Sole 24 Ore

L’ultimo articolo di Edoardo Belli Contarini su Norme e Tributi de Il Sole 24 Ore del 31 ottobre 2023

Nel labirinto degli aiuti alle imprese la guida del regolamento Ue

Il decreto sulla fiscalità internazionale richiama la fonte per le misure

Il legislatore contempla un tris di novità per tutti gli incentivi:

  1. rinvia la scadenza degli adempimenti per il riversamento spontaneo dei crediti di imposta R&S al 30 giugno 2024 per la presentazione dell’istanza e al 16 dicembre 2024 per il versamento, con slittamento di un anno del termine di decadenza per emanare gli atti di recupero per gli anni 2016-2017 (articolo 5 Dl 145/2023);
  2. disciplina la certificazione attestante la qualificazione delle attività agevolate di R&S&It, design, ideazione estetica, innovazione digitale e transizione ecologica, con l’istituzione dell’albo dei certificatori (articolo 23 Dl 73/2022 e relativo Dpcm);
  3. introduce una “disposizione quadro” per tutti gli incentivi fiscali spettanti alle imprese con sede in Italia a condizione che siano conformi al regolamento Ue della Commissione 651/2014 (articolo 3 decreto in materia di fiscalità di internazionale). Quest’ultima previsione potrebbe sembrare tautologica, perché le misure incentivanti non possono essere selettive, altrimenti verrebbe falsata la concorrenza, dovendosi armonizzare con la normativa europea, in primis con il menzionato regolamento generale delle categorie di aiuti di Stato in sintonia con gli articoli 107 e 108 del Tfue. Questa “disposizione quadro” realizza l’obiettivo della riforma di razionalizzare tra di loro la miriade di disposizioni nazionali sparpagliate ed è fondamentale fare riferimento a un provvedimento che racchiude in sé le linee guida e i principi fondamentali degli incentivi (articolo 9, lettere g, h, i legge 111/2023).

Inoltre, sebbene la normativa domestica stratificata nel tempo – per i crediti di imposta R&S&It, formazione 4.0., investimenti in beni strumentali nuovi “transizione 4.0.”, patent box – rinvii più o meno parzialmente alla fonte comunitaria, sono note le contestazioni sollevate nei confronti delle imprese; si pensi, per il credito R&S, al requisito della “novità” e alla rilevanza del Manuale Ocse di Frascati, per il credito formazione 4.0., all’adempimento dei molteplici

Circolazione opere d’arte a fiscalità variabile – Edoardo Belli Contarini su Il Sole 24 Ore

L’ultimo articolo dell’avvocato Edoardo Belli Contarini, pubblicato su Il Sole 24 Ore di mercoledì 13 settembre.

Circolazione opere d’arte a fiscalità variabile

Il settore dell’arte continua a essere attenzionato dal legislatore; oltre al Ddl di riforma fiscale si aggiunge un altro Ddl sulle agevolazioni fiscali e sulla semplificazione della circolazione per le opere d’arte (si veda «Il Sole 24 Ore» del 1° luglio 2023). Quanto al primo aspetto, per dirimere la disputa sulla imponibilità dei guadagni dei dealer di quadri, oggetti preziosi e da collezione (Cassazione 6874/2023), l’articolo 5 del primo Ddl contempla la tassazione Irpef – non già un’imposta sostitutiva proporzionale – a meno che risulti assente la finalità di lucro: non c’è speculazione nei casi di reinvestimento del corrispettivo entro un congruo periodo di tempo in beni della stessa natura e di acquisizione ereditaria o a titolo gratuito, ferma restando l’azione erariale di simulazione delle donazioni. Al di fuori di questi casi però, le plusvalenze scaturenti da attività commerciali occasionali sono sempre assoggettabili all’Irpef ex articolo 67, lettera i) Tuir. L’intervento normativo supera l’incertezza sugli «indicatori di commercialità» elaborati dalla prassi, tant’è che si prevede anche una disciplina transitoria (si veda la relazione); in effetti, l’obiettivo della certezza del diritto emerge spesso nella delega fiscale, come rilevato da Assonime e da Banca d’Italia (si vedano rispettivamente, consultazione 9/2023 e la memoria dello stesso data); ma al cospetto di tale meritevole iniziativa, qualche dubbio rimane, anzitutto sulla rilevanza dell’imperscrutabile intento speculativo. In un mercato asfittico, i risparmiatori, gli investitori e gli appassionati si sono rifugiati negli asset digitali – criptovalute, token, Nft – e nelle opere d’arte, incassando guadagni cospicui.

Il legislatore è intervenuto quasi subito riconducendo i proventi da cripto-attività in una nuova categoria dei redditi diversi (nell’articolo 67, lettera c- sexies Tuir); analoga sorte avrà il commercio occasionale degli oggetti da collezione, salvo che risulti assente l’intento speculativo; concetto quest’ultimo, affatto nuovo, però troppo vago, considerato che lo scopo lucrativo non può rilevare in sé, semmai è decifrabile dai comportamenti, gli atti e le operazioni posti in essere; è il fine che giustifica i mezzi non il contrario.

 

Dall’intelligenza artificiale anche proposte di concordato – Edoardo Belli Contarini su Il Sole 24 Ore

L’ultimo articolo dell’avv. Edoardo Belli Contarini, pubblicato su Il Sole 24 Ore del 5 settembre 2023.

Sulle perdite riduttivo il punto di vista antielusivo 

L’articolo 6, lettera e), numeri da 1 a 4 della legge 111/2023 – delega al Governo di riforma fiscale – interviene, anzitutto, sulla compensazione intersoggettiva delle perdite nei casi di fusione, scissione e trasferimento del controllo della società in perdita con l’obiettivo di contrastare il «commercio delle bare fiscali».

Inoltre, viene disciplinata la circolazione cross border all’interno dell’Unione Europea delle perdite cosiddette «finali» generate da una società in un altro Stato membro e poi trasferite a una società residente, all’esito di operazioni straordinarie «in entrata».

Mitigazioni e revisioni

Anzitutto, va chiarito che la compensazione delle perdite con gli utili non costituisce un’agevolazione, ma l’attuazione del principio di capacità contributiva: infatti, la ratio è quella di mitigare la rigidità dell’autonomia dei periodi di imposta, accordando la compensazione «verticale», ovvero il saldo algebrico dei redditi e delle perdite registrati durante l’intero ciclo aziendale; quindi, ben vengano dei correttivi.

In questa precisa prospettiva, le perdite rappresentano un asset prezioso per l’impresa, sotto diversi profili: in termini di «risparmio» Ires, fiscalità anticipata, scomputo dai maggiori imponibili in caso di accertamento erariale, anche in seno al consolidato. Ciò posto, è improcrastinabile aggiornare e armonizzare i diversi indici di elusione sparsi nel Tuir (articoli 84, 172 e 173), ormai divenuti anacronistici e comunque inidonei a intercettare alcuni fenomeni patologici, come il limite del patrimonio netto e le spese o il numero dei dipendenti occupati da utilizzare per il cosiddetto test di vitalità.

Con la stessa finalità antielusiva, viene prevista la revisione del concetto di «modifica dell’attività» che, in base all’articolo 84 del Tuir, in caso di trasferimento del controllo della società in perdita, svolgerebbe un ruolo di spia di un comportamento abusivo.

Questo perché per l’agenzia delle Entrate desta sospetto sia il cambio qualitativo dell’attività, ovvero del settore economico o commerciale dell’impresa, sia persino quello quantitativo, qualora, per esempio, liquidità, asset e contratti profittevoli siano apportati nella società che perde, nonostante l’azienda sia in fase di rilancio.

Criticità e raccomandazioni

L’approccio sopra citato, però, rischia di intralciare la rivitalizzazione delle imprese dotate di un track record, meritevoli di risanamento, e quindi gli investimenti non dovrebbero ostacolare l’utilizzo delle perdite accumulate (in proposito, si veda l’interpello 39/2022). Piuttosto, in un’ottica più sistemica, sarebbe preferibile applicare un mix di diversi e più aggiornati indici di bilancio e concentrare tutti i rimedi antielusivi nella norma generale antiabuso, con riferimento all’articolo 10-bis della legge 212/2000.

Con l’occasione, sempre in attuazione del principio di capacità contributiva, come pure suggerito dalla Commissione Europea, andrebbe contemplato anche il carry back delle perdite (raccomandazione 2021/ 801), già sperimentato in altri ordinamenti, con conseguente rimborso delle imposte assolte a suo tempo. In alternativa, si potrebbe accordare la conversione delle perdite fiscali pregresse in crediti di imposta, magari con un utilizzo diluito in più annualità oppure, qui sì con la finalità di agevolare alcuni settori strategici specifici, ampliare la facoltà prevista per le start up di cedere le perdite alla società partecipante, anche se, a oggi, trattasi soltanto di società quotata.

Circolazione cross border

Infine, in armonia con la giurisprudenza unionale, si disciplina compiutamente la circolazione cross border comunitaria delle perdite, ammettendo il riporto delle final losses generate da una società all’estero, poi confluita in una società residente in Italia, che intende utilizzarle in compensazione, contemperando, da un lato, la libertà di stabilimento, dall’altro, il riparto della potestà impositiva tra gli Stati membri. In questa cornice, è bene ricordare che deve trattarsi, però, di perdite «esaurite», ovvero definitive nello Stato di origine, così da scongiurare un fenomeno di duplice deduzione nello Stato di destinazione. A seguire, si pone la questione, niente affatto scontata, del meccanismo di calcolo del quantum utilizzabile in compensazione (sentenza Cgue 22 settembre 2022, causa C- 538/20).

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Impatriati e aiuti di Stato: una questione chiusa ancora aperta

L’articolo dell’avv. Lucia Montecamozzo, Partner e del dott. Luca Gasbarro, Associate di Fantozzi & Associati  pubblicato su Il Sole 24 Ore del 29 agosto 2023

 

Impatriati e aiuti di Stato: una questione chiusa ancora aperta

La disciplina dei cc.dd. “lavoratori impatriati” (art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015) prevede che i redditi di lavoro dipendente e assimilati e quelli di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che vi trasferiscono la residenza concorrono alla formazione della base imponibile limitatamente al 30% del loro ammontare se:
a) i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei 2 anni precedenti al trasferimento e si impegnano a risiedere in Italia per almeno 2 anni, e
b) l’attività lavorativa è prevalentemente prestata nel territorio italiano.

Tale agevolazione si applica, ex art. 8-bis del D.L. n. 148/2017, nel rispetto delle condizioni e dei limiti del Regolamento n. 1407/2013/UE, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti de minimis . Regolamento che dispone che l’importo degli aiuti concessi a titolo de minimis a una medesima impresa (intesa come qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento) non deve superare il limite di 200.000,00 euro nell’arco di tre anni.

Con l’interrogazione parlamentare n. 5/00094, presentata dall’On. Roberto Pella e assegnata alla VI Commissione (Finanze), sono state sollevate perplessità sull’applicabilità del regime degli aiuti di Stato agli impatriati imprenditori e lavoratori autonomi poiché:
• da un lato, l’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015 non istituisce una disciplina selettiva, così come qualificata dagli artt. 107 e 108 del TFUE ma, al contrario, si riferisce alla generalità dei contribuenti (al ricorrere, evidentemente, dei requisiti sopra indicati sub lett. a) e b)). E, infatti, la ratio del citato articolo è incentivare, in via generalizzata, senza alcun vincolo di selettività, l’ingresso o il rientro in Italia di persone fisiche, a prescindere dal contributo in termini di capacità e/o specializzazione apportato e dallo status di lavoratore dipendente o autonomo;
• dall’altro lato, una diversa interpretazione determinerebbe una discriminatoria disparità di trattamento tra lavoratori dipendenti (non soggetti alle disposizioni UE in tema di aiuti di Stato) e lavoratori autonomi.

Nella risposta del 25 luglio 2023, il Ministero dell’Economia e delle Finanze – muovendo dalla considerazione che “La misura agevolativa in esame […] trova applicazione non in maniera generale ma nei confronti di determinati soggetti al ricorrere di specifiche condizioni” – ha concluso che “non si può escludere che l’eventuale superamento dei limiti e delle condizioni delle disposizioni europee in materia di aiuti di Stato di importanza minore (c.d. “de minimis”) […] possa attirare l’attenzione dei competenti Servizi unionali sull’agevolazione di cui trattasi, la quale, in riferimento ai soggetti che svolgono attività economica, appare presentare profili di selettività e sembra, pertanto, suscettibile di integrare un aiuto incompatibile con le regole del diritto della concorrenza di matrice europea“.

Dalla risposta in commento si desume che il Ministero individua, correttamente, nella Commissione europea il soggetto deputato ad esprimersi sull’eventuale carattere selettivo dell’agevolazione in esame. Stupisce, invece, che escluda una portata generalizzata dell’agevolazione, ipotizzandone una possibile natura selettiva. Infatti, la Commissione europea si è già espressa sul punto nella risposta del 1° ottobre 2019 relativa all‘interrogazione n. E-002224/2019. In tale occasione, il Commissario Vestager, rilevata l’assenza di una notifica della misura da parte del Governo italiano, ha precisato che, sulla base delle informazioni disponibili, l’agevolazione si applica a tutti gli impatriatia qualsiasi settore essi appartengano, concludendo che essa non presenta elementi rilevanti ai fini dell’applicazione della disciplina degli aiuti di Stato.

E non a caso anche regimi agevolativi analoghi a quello degli impatriati in commento, introdotti in altri Stati membri dell’UE (quali il regime “NHR – Non Habitual Resident” in Portogallo), non prevedono alcuna limitazione in merito al professional income, concetto equivalente a quello di reddito di lavoro autonomo previsto dal T.U.I.R..

Sarebbe auspicabile, dunque, che venisse abolito il richiamo alla disciplina degli aiuti di Stato contenuto all’art. 8-bis del D.L. n. 148/2017, allineando la disposizione interna sia alle conclusioni cui è già giunta la Commissione europea sia alla disciplina prevista in altri Paesi dell’Unione.

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Sulle perdite riduttivo il punto di vista antielusivo

L’ultimo articolo dell’avv. Edoardo Belli Contarini, pubblicato su Il Sole 24 Ore in data 24 agosto 2023.

Sulle perdite riduttivo il punto di vista antielusivo 

L’articolo 6, lettera e), numeri da 1 a 4 della legge 111/2023 – delega al Governo di riforma fiscale – interviene, anzitutto, sulla compensazione intersoggettiva delle perdite nei casi di fusione, scissione e trasferimento del controllo della società in perdita con l’obiettivo di contrastare il «commercio delle bare fiscali».

Inoltre, viene disciplinata la circolazione cross border all’interno dell’Unione Europea delle perdite cosiddette «finali» generate da una società in un altro Stato membro e poi trasferite a una società residente, all’esito di operazioni straordinarie «in entrata».

Mitigazioni e revisioni

Anzitutto, va chiarito che la compensazione delle perdite con gli utili non costituisce un’agevolazione, ma l’attuazione del principio di capacità contributiva: infatti, la ratio è quella di mitigare la rigidità dell’autonomia dei periodi di imposta, accordando la compensazione «verticale», ovvero il saldo algebrico dei redditi e delle perdite registrati durante l’intero ciclo aziendale; quindi, ben vengano dei correttivi.

In questa precisa prospettiva, le perdite rappresentano un asset prezioso per l’impresa, sotto diversi profili: in termini di «risparmio» Ires, fiscalità anticipata, scomputo dai maggiori imponibili in caso di accertamento erariale, anche in seno al consolidato. Ciò posto, è improcrastinabile aggiornare e armonizzare i diversi indici di elusione sparsi nel Tuir (articoli 84, 172 e 173), ormai divenuti anacronistici e comunque inidonei a intercettare alcuni fenomeni patologici, come il limite del patrimonio netto e le spese o il numero dei dipendenti occupati da utilizzare per il cosiddetto test di vitalità.

Con la stessa finalità antielusiva, viene prevista la revisione del concetto di «modifica dell’attività» che, in base all’articolo 84 del Tuir, in caso di trasferimento del controllo della società in perdita, svolgerebbe un ruolo di spia di un comportamento abusivo.

Questo perché per l’agenzia delle Entrate desta sospetto sia il cambio qualitativo dell’attività, ovvero del settore economico o commerciale dell’impresa, sia persino quello quantitativo, qualora, per esempio, liquidità, asset e contratti profittevoli siano apportati nella società che perde, nonostante l’azienda sia in fase di rilancio.

Criticità e raccomandazioni

L’approccio sopra citato, però, rischia di intralciare la rivitalizzazione delle imprese dotate di un track record, meritevoli di risanamento, e quindi gli investimenti non dovrebbero ostacolare l’utilizzo delle perdite accumulate (in proposito, si veda l’interpello 39/2022). Piuttosto, in un’ottica più sistemica, sarebbe preferibile applicare un mix di diversi e più aggiornati indici di bilancio e concentrare tutti i rimedi antielusivi nella norma generale antiabuso, con riferimento all’articolo 10-bis della legge 212/2000.

Con l’occasione, sempre in attuazione del principio di capacità contributiva, come pure suggerito dalla Commissione Europea, andrebbe contemplato anche il carry back delle perdite (raccomandazione 2021/ 801), già sperimentato in altri ordinamenti, con conseguente rimborso delle imposte assolte a suo tempo. In alternativa, si potrebbe accordare la conversione delle perdite fiscali pregresse in crediti di imposta, magari con un utilizzo diluito in più annualità oppure, qui sì con la finalità di agevolare alcuni settori strategici specifici, ampliare la facoltà prevista per le start up di cedere le perdite alla società partecipante, anche se, a oggi, trattasi soltanto di società quotata.

Circolazione cross border

Infine, in armonia con la giurisprudenza unionale, si disciplina compiutamente la circolazione cross border comunitaria delle perdite, ammettendo il riporto delle final losses generate da una società all’estero, poi confluita in una società residente in Italia, che intende utilizzarle in compensazione, contemperando, da un lato, la libertà di stabilimento, dall’altro, il riparto della potestà impositiva tra gli Stati membri. In questa cornice, è bene ricordare che deve trattarsi, però, di perdite «esaurite», ovvero definitive nello Stato di origine, così da scongiurare un fenomeno di duplice deduzione nello Stato di destinazione. A seguire, si pone la questione, niente affatto scontata, del meccanismo di calcolo del quantum utilizzabile in compensazione (sentenza Cgue 22 settembre 2022, causa C- 538/20).

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Operazioni transfrontaliere, incentivi con garanzie per il Fisco

L’ultimo intervento dell’avvocato Edoardo Belli Contarini su Il Sole 24 Ore dell’11 luglio 2023 riguarda gli incentivi per le operazioni transfrontaliere.

Operazioni transfrontaliere, incentivi con garanzie per il Fisco

Trasferimento con applicazione dell’exit tax anche a rate in 5 anni
Al notaio il controllo di legalità e tax compliance ai fini del nullaosta

di avv. Edoardo Belli Contarini, socio di Fantozzi & Associati

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Dal 3 luglio ha effetto il Dlgs 19/2023, di attuazione della direttiva UE 2019/2121, recante la disciplina delle operazioni transfrontaliere. In ossequio al principio di libertà di stabilimento nello spazio europeo, viene incentivata la mobilità transnazionale delle società di capitali con una apposita procedura, tutelando i molteplici interessi in gioco, quelli dei soci, dei lavoratori e dei creditori, compresa l’agenzia delle Entrate (circolare Assonime 7 giugno 2023 n. 16).

In particolare, la trasformazione ovvero il trasferimento di sede in continuità giuridica, come pure la fusione internazionale – le cui norme in tema di «certificato preliminare», debiti erariali e relative garanzie vengono in parte qua richiamate (articoli 6-16, che rinviano agli articoli 29, 30 e 31) – rappresenta un istituto appealing per mezzo del quale la società, non è sciolta né liquidata, trasferisce la propria sede in un altro Stato membro, conservando la personalità giuridica, senza interruzione dell’attività, mutando la legge e il tipo sociale previsto nello Stato di destinazione.

Il trasferimento transnazionale, che potrebbe comportare l’applicazione dell’exit tax ex articolo 166 del Tiur – ma con pagamento rateizzato a cinque anni nel caso in cui la società perda la residenza fiscale senza che permanga una s.o. in Italia – si articola in tre fasi, preparatoria, decisoria e di attuazione.

Durante quest’ultima, più delicata, il notaio, in veste di «autorità competente», svolge un controllo di legalità e di tax compliance al fine di rilasciare il «certificato preliminare» ovvero il nulla osta all’operazione, fermo restando il termine ordinario di 90 giorni per le opposizioni dei creditori.

In dettaglio, il pubblico ufficiale deve verificare:

  1. la legittimità dell’operazione realizzata nello Stato di partenza;
  2. l’assenza di finalità abusive, fraudolente o criminali, che si risolvano nella violazione di norme imperative, comprese quelle tributarie e previdenziali;
  3. la protezione degli interessi degli stakeholder e la tutela dei creditori anche pubblici (relazione agli articoli 5, 29-31 del decreto e «considerando» 33 e seguenti della direttiva).

Il notaio può avvalersi di esperti indipendenti, richiedere una relazione giurata di un revisore legale per la documentazione tecnica, accedere alle informazioni in possesso delle amministrazioni pubbliche, incluse le banche dati dei carichi pendenti.

In particolare, egli è tenuto a verificare l’assenza oppure l’integrale pagamento dei debiti tributari e previdenziali «anche non definitivamente accertati», nonché l’adempimento di altri debiti insorti per la restituzione dei «benefici pubblici localizzati» (cioè degli incentivi erogati per investimenti produttivi o stabilimenti ubicati nel territorio dello Stato di pertinenza della società che si sposta di sede).

L’impresa, in caso di pendenze e qualora si trovi in stato di crisi, deve soddisfare la pretesa erariale residua e/o restituire gli incentivi; altrimenti è tenuta a rilasciare idonee garanzie, quali cauzioni o fideiussioni bancarie o assicurative di ammontare pari almeno al 115% del valore dei debiti, passività residui, compresi gli accessori (sanzioni e interessi).

La procedura risulta abbastanza semplificata e ovviamente armonizzata con la disciplina dello Stato membro di destinazione; tuttavia, l’organo amministrativo deve attivarsi per tempo, in modo da predisporre il set documentale ed acquisire le attestazioni dei creditori pubblici soddisfatti e/o garantiti – erario incluso – funzionali all’emissione del certificato preliminare, che chiude l’operazione transfrontaliera.

 

A carico del contribuente prevista la compilazione in ogni caso del quadro RW – Edoardo Belli Contarini su Il Sole 24 Ore

L’ultimo articolo dell’avv. Edoardo Belli Contarini, pubblicato su Il Sole 24 Ore in data 23 giugno 2023.

A carico del contribuente prevista la compilazione in ogni caso del quadro RW

La regolarizzazione avviene su consistenza o realizzo lordo

Per comprendere le criticità della circolare in consultazione pubblica sul trattamento delle cripto-attività va considerato che si tenta di colmare un vuoto normativo fino a tutto il 31 dicembre 2021, tracciando un regime impositivo con effetti retroattivi in conflitto con l’articolo 3 dello Statuto dei diritti del contribuente (l’articolo 1, comma 126, della legge 197/2022 inserisce la nuova lettera c-sexies nell’articolo 67 del Tuir, mentre il comma 127 rinvia per il passato in modo generico all’articolo 67, contemplando una disciplina “pseudo-transitoria” neppure di natura interpretativa).

La novità e l’Agenzia sembrano confermare la prassi che, in forza di una risalente pronunzia della Cgue del 22 ottobre 2015, causa Hedqvist, C-264-14, in tema del ben diverso regime di esenzione Iva, equipara(va) le criptomonete alle valute estere aventi corso legale, con conseguente estensione del regime Irpef previsto soltanto per le monete fiat, nonostante la profonda diversità giuridica tra i due tipi di asset (articolo 67, comma 1, lettera c-ter del Tuir).

Tale approccio può ingenerare ulteriori incertezze e contenziosi; in dettaglio, dalla bozza di circolare si desume che il contribuente Irpef privato – per il monitoraggio fiscale – dovrebbe compilare il quadro RW sempre e comunque, anche per gli anni aperti, a prescindere dal luogo di ubicazione delle cripto-attività. Sarebbe opportuno allora specificare quali sono le sanzioni irrogabili per la violazione dell’obbligo dichiarativo nei casi in cui gli asset digitali risultino allocabili in Paesi a fiscalità privilegiata, per i quali sono previsti il raddoppio delle sanzioni e dei termini di decadenza per l’accertamento e l’inversione dell’onere della prova; trattandosi di cripto-attività “a-territoriali” dovrebbe valere comunque il regime ordinario, non già quello speciale.

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Formazione 4.0 – Edoardo Belli Contarini su Il Sole 24 Ore

L’ultimo articolo dell’avv. Edoardo Belli Contarini sul tema della Formazione 4.0, pubblicato su Il Sole 24 Ore in data 12 maggio 2023

Formazione 4.0, ultimi check in vista della dichiarazione

Anche in vista della redazione della dichiarazione dei redditi, è opportuno fare un check sulla spettanza dei crediti di imposta per la formazione 4.0 al fine di riscontrare eventuali criticità e, se del caso, aderire in tutto o in parte alle varie ipotesi di tregua fiscale (legge 197/2022).

L’incentivo in questione è molto appetibile, considerato che:

  • è trasversale, cioè fruibile da tutte le imprese a prescindere dall’attività economica esercitata, dalla natura giuridica e dalle dimensioni;
  • sono ammessi tutti i costi aziendali sostenuti fino al 2022 per il personale dipendente impiegato in qualità di discenti, docenti o tutor, per acquisire o anche soltanto consolidare le conoscenze nelle «tecnologie 4.0»;
  • il bonus spetta per ogni tipo di formazione, in presenza, a distanza, cioè on line, quella organizzata con il training on the job, inclusa quella esterna, purché erogata dai soggetti “accreditati”;
  • il beneficio negli anni recenti (2020-2022) non è più condizionato alla stipula dei contratti collettivi aziendali o territoriali, è automatico ed utilizzabile per intero direttamente in compensazione;
  • senza che operino i limiti di applicazione annuale, cumulabile con altri aiuti di Stato, con incremento del valore della produzione, ma con detassazione ai fini Irpef, Ires e Irap (articolo 1, commi 46-56, della legge 205/2017, articolo 1, commi 210-217 della legge 160/2019).

Almeno in teoria, l’agevolazione, nonostante l’ampio perimetro, non dovrebbe presentare le criticità tipiche dei crediti R&S (si pensi al Manuale Ocse di Frascati), a condizione che l’upgrade del personale riguardi gli ambiti 4.0. previsti tassativamente (articolo 3 del Dm Mise 4 maggio 2018, big data, cloud e fog computing, cyber security, robotica avanzata, IT delle cose e delle macchine, sistemi di RV e RA, ecc.).

Tuttavia, l’Agenzia, in caso di controllo, può rivolgersi al ministero per acquisire pareri su questioni tecniche; inoltre, l’utilizzo in compensazione è subordinato alla effettività, congruità e competenza delle «spese ammissibili», alla regolarità contributiva e in materia di sicurezza sul lavoro, nonché all’adempimento di stringenti oneri documentali.

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