«Transizione 5.0 con termini ampi di recupero» è il titolo dell’ultimo articolo a firma dell’avv. Edoardo Belli Contarini e pubblicato su Norme e Tributi de Il Sole 24 Ore.
La disciplina del credito di imposta Transizione 5.0. è completa; l’agevolazione ricalca caratteristiche dei crediti per investimenti 4.0 e per R&S, IT e design, ma si differenzia per la procedura di accesso e per le cause di decadenza, da cui poi scattano gli ampi termini per il recupero erariale (articolo 38 del Dl 19/2024, decreto 24 luglio 2024, circolare 16/8/2024). C’è una sostanziale equivalenza circa la platea di beneficiari, il carattere automatico e volumetrico del credito, il disinnesco dei limiti all’utilizzo in compensazione, la cumulabilità con altri incentivi, l’irrilevanza ai fini Ires e Irap. Il credito di imposta 5.0 è però utilizzabile subito per intero (l’importo residuo al 31 dicembre 2025 è riportabile in cinque quote annuali). Naturalmente il credito 5.0, premiando il risparmio energetico, implica adempimenti aggiuntivi, quali le certificazioni asseverate ex ante, durante e post operam, le dichiarazioni sostitutive di atto notorio per il rispetto del principio Dnsh, la perizia tecnica asseverata per i beni 4.0 e interconnessi, la perizia contabile per il sostenimento dei costi ammissibili.
Anche gli aspetti procedimentali sono simili per le varie tipologie di crediti; comune la disciplina degli atti di recupero, la notifica dello schema d’atto, i tempi di riscossione, l’accertamento con adesione, la conciliazione giudiziale, le sanzioni, la responsabilità penale e la causa speciale di non punibilità (si vedano i decreti di riforma fiscale 13/2024 e 87/2024). Tuttavia, proprio per la riduzione dei consumi energetici, la vigilanza e il controllo sono svolti ab initio, in modo continuo, anzitutto dal Gse, che, pur organo tecnico, ha ampi poteri istruttori, fermo restando il principio del contraddittorio (legge 241/1990); le eventuali irregolarità riscontrate vengono comunicate con atto motivato all’Agenzia per l’attività di recupero (articolo 22 del decreto).
Ma è sulle cause di decadenza (articolo 21, lettere a) – l) che si riscontrano ulteriori peculiarità: dai casi di recapture sub lettere a) e b), alle ipotesi in cui i beni vengono ceduti a terzi, distolti dall’attività di impresa o destinati a strutture produttive diverse da quelle da cui scaturisce l’agevolazione, anche se appartenenti allo stesso soggetto – fatti salvi gli «investimenti sostitutivi» – nonché la riduzione del livello dei consumi energetici realizzata con gli investimenti. In tutti questi casi, il periodo di osservazione dura fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di completamento del progetto. Il rischio per l’impresa è che il dies a quo dei termini per il recupero erariale, otto ovvero cinque anni, a seconda dell’inesistenza ovvero della non spettanza del credito, scatti a decorrere dal verificarsi degli eventi nell’ampio periodo di tutela e non già dal momento antecedente di utilizzo in compensazione del credito: la rettifica può arrivare dopo diversi anni. Ulteriore rischio è nelle «altre violazioni o inadempimenti da cui consegua l’inesistenza ovvero la non spettanza anche parziale del credito»: tale norma, sebbene di chiusura, sembra però suscettibile di un’ampia applicazione, considerata la perdurante incerta definizione tra le due tipologie di crediti.