di Edoardo Belli Contarini
Il dossier del Servizio studi del Senato 225 del 30 gennaio esamina in modo parzialmente critico il decreto del Governo di riforma dei giochi limitato per il momento al canale online in attuazione dell’articolo 15 della legge delega 111/2023; infatti, un successivo provvedimento completerà il riordino sia della raccolta del gioco attraverso la rete fisica, sia la fiscalità nel suo complesso, cioè ad esempio il Preu, l’imposta unica, l’Isi, la “tassa sulla fortuna”, l’Iva.
La prioritaria regolamentazione dei giochi su canale virtuale o digitale, metaverso incluso, è riconducibile alla continua diffusione della raccolta a distanza, complice anche l’evoluzione tecnologica, ma soprattutto all’esigenza di sbloccare le concessioni in regime di proroga. Del resto, l’intricata e asistemica normativa tributaria di entrambe le reti implica un intervento ponderato e di più ampio respiro (si confronti, per esempio, il Ddl 41/2022); sarebbe preferibile però, che la revisione dell’intera materia avvenisse di concerto e contestualmente per entrambi i canali di raccolta, per non replicare le incertezze interpretative del passato.
Il primo decreto sul gaming online ha un notevole impatto sul mercato di riferimento tracciando: i) i principi generali e le fonti; ii) le regole fondamentali del rapporto concessorio, con diversi rinvii al nuovo Codice dei contratti pubblici (Dlgs 36/2023); iii) le norme a tutela dei giocatori da coordinare con le contrapposte esigenze di gettito erariale.
Le modifiche al rapporto concessorio sono significative: si prevede una durata massima di nove anni, con esclusione di rinnovo, in funzione del periodo di ammortamento degli investimenti da effettuarsi dal concessionario; il sito internet autorizzato dall’amministrazione dei Monopoli e attivato da quest’ultimo va collegato alla singola concessione e a ciascun “gruppo societario” sono attribuibili al massimo cinque concessioni (articolo 6).